Continua in Toscana la privatizzazione dell’acqua e i favori alle multinazionali da parte di PD e MDP.  L’intervento di Sì Toscana a Sinistra.

La Regione Toscana è ad un bivio: può scegliere di aprire la strada alla gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico, come ha chiesto la maggioranza dei cittadini italiani e toscani con il referendum del 2011, oppure continuare sul cammino intrapreso 20 anni fa, quello della gestione privatistica dell’acqua tramite società per azioni. Con le norme appena approvate dal consiglio regionale su proposta Pd-Mdp, ci pare purtroppo che la scelta sia chiara: continuare ad accentrare ancor di più il potere decisionale nelle mani di pochi, lasciando intatto il quadro di privatizzazione del servizio.

Le modifiche approvate in settimana dal Consiglio regionale alla legge 69 portano ad un meccanismo di ‘governo’ dell’acqua iper accentrato e al conseguente aumento della distanza tra il vertice che decide e i territori che sono privati di voce, sempre più tagliati fuori, in particolare i comuni medi e piccoli. Esattamente il contrario di quel modello pubblico e partecipativo delineato nella proposta di legge per l’acqua bene comune di Sì Toscana a Sinistra, che vuol dar potere alle comunità locali, prevedendo forme di partecipazione alle decisioni da parte della cittadinanza e dei lavoratori del servizio idrico.

La nostra proposta di legge condensa le richieste storiche del movimento dell’acqua a favore di una gestione del servizio idrico attraverso enti di diritto pubblico, senza finalità di lucro. In una gestione di questo tipo, nessuno può ricavare profitti e tutti gli eventuali avanzi di bilancio devono essere reinvestiti nel miglioramento del servizio. Ad oggi il fallimento del modello privatistico è sotto gli occhi di tutti, le Spa toscane dell’acqua non solo hanno imposto le tariffe più alte d’Italia ma fanno circa 70 milioni di euro di utili l’anno, che finiscono in buona parte nelle tasche degli azionisti sotto forma di dividendi. Senza dimenticare che gli investimenti sono molto al di sotto del necessario e sempre inferiori a quelli formalmente inseriti nei piani di ambito, con il risultato che negli ultimi anni le perdite di rete sono addirittura aumentate e non diminuite, malgrado le bollette sempre più salate. Quanto ai mitici capitali che avrebbero dovuto anticipare i privati, li hanno per lo più presi in prestito alle banche, magari fatte entrare a loro volta nel gruppo dei soci delle Spa dell’acqua. Infatti la remunerazione dei capitali investiti, anche se mascherata sotto altro nome, è rimasta nelle bollette, tradendo l’esito referendario.

C’è infine da sottolineare che PD-MDP, con queste modifiche alla legge 69, hanno implicitamente ammesso che il meccanismo non sta funzionando e che per garantire gli investimenti occorrono finanziamenti pubblici. Tant’è che viene istituito un fondo speciale, in realtà destinato alle cosiddette ‘autostrade dell’acqua’, alimentato in parte con i proventi delle tariffe e in parte con fondi pubblici. Insomma, mentre i soci delle Spa dell’acqua, che dovrebbero fare gli investimenti, realizzano profitti grazie alle nostre bollette e si intascano i dividendi, ecco che poi il pubblico regala generosamente finanziamenti a fondo perduto, pagati con le nostre tasse. Noi ribadiamo che l’apporto di fondi pubblici e della fiscalità generale è necessario sia per gli investimenti straordinari che per garantire il diritto al minimo vitale di acqua ad ogni persona, ma il sistema di gestione deve essere totalmente pubblico e a nessuno deve esser consentito far profitti, altrimenti significa solo privatizzare i profitti e socializzare i costi.

Tommaso Fattori e Paolo Sarti, consiglieri regionali di Sì Toscana a Sinistra

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