Nelle città si usa l’emergenza per restringere ulteriormente gli spazi democratici\

Siamo preoccupati. Sono tanti i segnali nelle nostre città che pongono con forza la necessità di difendere gli spazi democratici a fronte di chi cerca di usare l’emergenza per restringerli sempre più.

Se in questi anni i consigli comunali sono stati svuotati a favore dei poteri sempre più pervasivi degli esecutivi, oggi sembra avvenire un salto ulteriore. In queste prime settimane di funzionamento in videoconferenza delle assemblee elettive assistiamo, infatti, ad un esautoramento dei consiglieri e delle consigliere comunali che non hanno praticamente alcuno strumento di controllo sulle attività delle Giunte.

Le maggioranze tanto di centrodestra quanto di centrosinistra usano questa fase per restringere gli spazi di discussione e limitare i diritti delle minoranze, nonché le stesse prerogative e funzioni attribuite da regolamenti e statuti alle commissioni consiliari e ai consiglieri e alle consigliere comunali.

Questo va di pari passo con la richiesta da parte dei sindaci di “poteri speciali” per l’affidamento delle opere pubbliche e gli appalti. Si tratta di una richiesta inaccettabile, tanto più a fronte già di provvedimenti come lo Sblocca cantieri che hanno già aumentato discrezionalità e arbitrarietà, riducendo anche le forme di controllo e di trasparenza.

In una fase di emergenza serve invece esattamente il contrario: più democrazia, più partecipazione, più trasparenza, anche perché proprio in questi frangenti i rischi delle infiltrazioni criminali sono sempre più alti. I sindaci dovrebbero alzare il livello di guardia e non chiedere l’accentramento di poteri per sé e i propri esecutivi. Dovrebbe rafforzarsi quel senso di comunità e di condivisione nelle scelte concrete delle nostre città e dei nostri territori. Con strumenti anche nuovi e innovativi, certamente non restringendo il ruolo dei consigli elettivi.

Non è un caso d’altronde che simili richieste restrittive arrivino tanto dal centro-destra quanto dal centro-sinistra in quanto il “partito del cemento” è trasversale nel nostro paese e nelle nostre città, divorate da questi appetiti speculativi. Tutto ciò d’altro canto sottende una idea precisa su come si intende uscire dalla emergenza sociale: riproponendo un modello di sviluppo e di economia che stanno distruggendo le nostre comunità e i nostri territori.

Noi dobbiamo fare l’esatto contrario: non tornare mai a come era prima.

A questo si aggiunge che in queste settimane abbiamo assistito al tentativo dei sindaci di normare la regolamentazione dello spazio urbano tramite ordinanze. Uno strumento di cui già da anni si abusa, ma che in queste settimane trova un nuovo terreno di sperimentazione sul piano del controllo dei cittadini e delle cittadine, ben al di là di quello che attiene il contenimento della diffusione del Covid-19.

Si arrivano a perseguire e multare i senza fissa dimora, gli invisibili, i riders e ad introdurre criteri discriminatori per l’accesso ai buoni spesa spingendo migliaia di persone in condizioni di sempre maggiore indigenza. Mentre si cancella dalla discussione pubblica la situazione all’interno degli istituti carcerari, come se fossero spazi fuori dalle nostre città; e dove, invece, si rischia che il virus trovi un’autostrada.

Si cerca in altre parole di usare l’emergenza per accelerare processi di riduzione degli spazi democratici, che sono da anni in atto.

Noi siamo convinti che dalle città debba ripartire una nuova idea e pratica del Comune in cui sia realmente garantito – e favorito – a tutte e tutti il pieno diritto alla cittadinanza e alla partecipazione alla vita democratica. Su questo ci impegneremo con tutte le realtà, sociali, politiche ecc locali e nazionali, che già condividono e vorranno condividere questa battaglia, perché da questo dramma sociale la democrazia reale si rafforzi e non il contrario.

28 aprile 2020

Rete delle Città in Comune

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